Licenziamento perché nella cassa mancano dei soldi: se il denaro contante non torna ai conti, il cassiere rischia il licenziamento?
Si potrà anche dire che il dipendente preposto alla cassa di un negozio o di qualsiasi altro ufficio fa un lavoro non stancante fisicamente ma, sotto il profilo della responsabilità, è soggetto di sicuro a uno stress superiore agli altri.
Stress che deriva dall’esigenza di contare correttamente il denaro che entra ed esce e di non distrarsi per evitare ammanchi.
Tanto è vero che i contratti collettivi prevedono una vera e propria «indennità di cassa» riservata a chi maneggia i soldi.
A seconda del contratto collettivo, l’indennità può essere determinata in cifra fissa o in percentuale rispetto alla retribuzione normale o ad alcune voci, come ad esempio i soli minimi tabellari.
Ma che succede se i conti non tornano?
Scontrino e resto: cosa rischia il cassiere che sbaglia?
Una cosa è certa: secondo la giurisprudenza il dipendente colto a non emettere lo scontrino fiscale è passibile di licenziamento.
La ragione è molto semplice e intuitiva: non c’è solo la violazione di una severa regola fiscale le cui conseguenze, in termini economici e sanzionatori, ricadono sul suo datore di lavoro (sul quale potranno scattare gli eventuali controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate o della Finanza magari appollaiata all’uscita del negozio).
C’è anche la violazione del dovere di fedeltà: non emettere lo scontrino può ingenerare il legittimo sospetto che il denaro contante, ricevuto dal cliente ma non contabilizzato, anziché finire nella cassa vada diritto nella tasca del dipendente.
Né si può dire che la dimenticanza può essere il frutto di una semplice distrazione priva di malafede.
È sufficiente la colpa – che in questo caso è “grave” – per far perdere la fiducia nel dipendente e nella sua capacità, per il futuro, di adempiere correttamente alle sue prestazioni.
Chi sbaglia a dare il resto può essere licenziato?
Ammanco di cassa: c’è licenziamento?
Cosa succede invece se c’è un ammanco di cassa? Scatta il licenziamento?
No, almeno secondo la Cassazione.
Ricordiamo che il licenziamento è la sanzione più rigorosa che l’azienda possa adottare nei confronti del dipendente, sanzione che si può quindi giustificare solo per i casi più gravi, dove è accertata la malafede (il dolo) o la colpa inscusabile.
Ebbene, avverte la Suprema Corte, senza la prova della volontà del dipendente di sottrarre il denaro non si configura la lesione del vincolo di fiducia con l’azienda. Per cui, in mancanza di una contraria dimostrazione circa l’intento fraudolento architettato dal cassiere, la sua condotta non può che essere dovuta a una semplice «dimenticanza».
Dimenticanza che certo non sarà indenne da sanzioni disciplinari, ma meno rigorose rispetto al licenziamento il quale può essere giustificato in questo caso solo dalla malafede.
E difatti molti contratti aziendali che prevedono l’indennità di cassa contrappongono a tale aumento sulla busta paga, una diretta responsabilità nel caso di ammanchi a seguito di errori nel conteggio dei valori o nella loro contabilizzazione. Ricordiamo che le indennità di cassa e di maneggio denaro sono assoggettate per intero a contribuzione.
Tratto da La Legge per Tutti
Una SELFPay ti elimina spiacevoli situazioni
Comunque vada sono problemi, mi disse un mio caro amico avvocato.
Una persona che gestisce denaro alla cassa può commettere errori. Sicuramente questa affermazione è vera.
Anche io, titolare di una piccola attività, ho commesso errori nel dare resto ai miei clienti.
Diciamolo in modo chiaro: non siamo perfetti!
Presi da mille cose, pensieri, fatica, stress puoi facilmente commettere un errore e dare il resto di 50 euro quando invece ti aveva pagato con una banconota da 10 euro.
Io, ad esempio, ho il sistema di appoggiare il denaro con cui il cliente paga, sopra il cassetto manuale ma, anche questa soluzione mi porta in errore. Questo accade specialmente nelle ore di punta, quando la fila alla cassa aumenta e l’errore è in agguato, dietro l’angolo… anzi dietro il cassetto.
Se accade a me che sono titolare, figuriamoci a un dipendente se può capitare la stessa cosa.
Poi ci sono altri casi di ammanchi ma, questo non è il luogo per discuterne…
Ed ecco come una SELFPay, cassetto automatico rendiresto, riesce fantasticamente a risolvere questa situazione di ammanchi giornalieri.
Con una SELFPay è impossibile sbagliare!
Tu digiti l’importo dello scontrino, il cliente inserisce il denaro per il pagamento e la SELFPay restituisce, in maniera perfetta, il resto.
Non è fantastico?
Ed una SELFPay, se fai bene i conti ce l’hai GRATIS.
Prima di proseguire la lettura, fissa bene l’importo dei tuoi ammanchi, meglio sarebbe giornaliero ma, va bene anche una stima mensile.
Hai questo importo a memoria.
Ora dobbiamo fare solo il famoso: conto della serva.
Prendiamo in esame una SELFPay modello 460 (4 transazioni al minuto), adatta a piccoli esercizi con circa 250 scontrini al giorno.
Ipotizziamo di prendere questa macchina con il noleggio.
Bene, il canone mensile si aggira intorno a 150,00 euro oltre IVA. Ricordo che nel canone è inclusa l’assicurazione sul prodotto.
Ora dividiamo 150,00 euro per 22 giorni lavorativi ed avremo la cifra 6,81 euro.
Quindi se avete ammanchi giornalieri uguali o maggiori di 6,81 euro, significa che potete utilizzare la SELFPay e recuperare tutte le somme che senza SELFPay 460 comunque perdereste.
Ricordo che il canone del noleggio è 100% detraibile.
La SELFPay 460 concorre alla Legge Industria 4.0 (per questo sentite il vostro commercialista).
Ed in più una SELFPay 460 mitiga il rischio di rapina e furto e previene il contatto con il denaro. Questo significa una barriera per virus e batteri.
E allora cosa aspetti?
Una SELFPay ti semplifica la vita e ti tiene lonTAno Da spiacevoli situazioni.
Raffaele Amici
Direzione Comemrciale
Modulo Preventivo
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